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Carne Wagyu e Kobe: tutti i miti da sfatare

Carne Wagyu e Kobe: tutti i miti da sfatare

I miti che circondano la produzione della Wagyu, quella delle mucche massaggiate e ingozzate di birra e sake, sono ormai così diffusi che i ristoranti ci hanno ricamato un bel po’, riuscendo in molti casi a ingannare migliaia di inconsapevoli clienti, rifilandogli una normalissima bistecca e spacciandola per quella che è, di fatto, la carne più pregiata e costosa al mondo.

Ora che la Wagyu giapponese si è diffusa – sebbene in quantità limitate – sarebbe ora di separare i miti dalla realtà, e approfondire i motivi che rendono questa varietà di ciccia un gioiello nel mondo del cibo.

1) “Il manzo Kobe e Wagyu sono la stessa cosa”

Negli USA, la differenza fra le due viene  tipologie di carne  viene spesso omessa. Wagyu vuol dire letteralmente “manzo giapponese”, e si riferisce a quattro razze autoctone: Japanese Black, Japanese Brown, Japanese Shorthorn e Japanese Polled. Il manzo etichettato come Kobe, deve necessariamente provenire da bestiame di tipo Tajima-Gyu, nato, allevato e macellato esclusivamente nella prefettura di Hyōgo, che ha come capitale la città di Kobe.

Il manzo Kobe, inoltre, è soggetto a rigorose pratiche di condizionamento, che comprendono la misurazione del rapporto di marezzatura, peso lordo del manzo, e qualità generale della sua carne.

L’abbiamo detto più volte: tutta la Kobe è Wagyu, non tutta la Waguy è Kobe. Non si può chiamare “Kobe” qualcosa che non viene da quella regione giapponese. Fine della storia.

2) Le vacche Wagyu vengono massaggiate e nutrite a birra, mentre ascoltano musica classica

Ci sono standard molto severi per allevare la Wagyu, ma non c’è l’obbligo di farne vacche euforiche ed ubriacone. Alcuni allevatori massaggiano sì i propri animali, perché il terreno adibito all’allevamento è sempre più ridotto in Giappone, e spesso non c’è disponibilità di grandi spazi per il pascolo. Altri allevatori massaggiano i muscoli ai bovini solo d’inverno, per proteggerli da crampi e contratture.

Per quanto ci piaccia credere alla favola delle vacche felici, è solo vero l’assioma che animali rilassati forniscono carne più tenera.

E la birra? Non è lo standard, e qualcuno gliela mesce semplicemente per aumentare l’appetito delle bestie, e conseguentemente i livelli di grasso corporeo.

I bovini dei secoli scorsi lavoravano duramente, il clima era freddissimo in Giappone, e spesso gli animali rientravano nelle stalle con le giunture praticamente congelate. Così i contadini li massaggiavano, per permettergli di muovere di nuovo gli arti e tornare a lavorare il giorno successivo. Diciamo che è nata da qui la leggende delle coccole rilassanti.

Altra curiosità sulla dieta alcolica: il Giappone in alcune zone è molto roccioso, probabilmente la birra serviva come anti-stress, anche per le mucche.

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3) Non si può comprare autentica Wagyu fuori dal Giappone

Sino al 2012, a causa di un veto all’importazione negli USA, questo era probabilmente vero. Prima del 2009, i macelli giapponesi non avevano la dovuta certificazione USDA (United States Department of Agriculture) perché c’era un allarme in oriente relativo ad un virus.


Quando il veto fu tolto, le quantità importate erano comunque molto basse, una situazione che è rimasta sostanzialmente invariata sino ad ora.

4) La carne di Wagyu è troppo grassa

La Wagyu ha un sapore molto ricco a causa della marezzatura del grasso.

Gli animali Wagyu sono predisposti a sviluppare un maggiore quantitativo di grassi insaturi. Il grasso è uniformemente disperso nel muscolo e si scioglie a basse temperature, fenomeno che dà alla bistecca una texture burrosa.

5) Il Wagyu importato è la stessa cosa

I primi capi di Wagyu furono importati in America dal Giappone negli anni 70. Alcune fattorie preservarono la linea di sangue del bestiame, molti altre l’hanno ibridizzato con razze americane.
Ma per chiamarsi “Wagyu”, l’USDA impone che il manzo debba essere per almeno il 50% un Wagyu, e deve rimanere nel recinto di ingrasso per almeno 350 giorni.

La principale differenza nel manzo “Kobe-style”, o “Washugyu” come lo chiamiamo (Wa = Giapponese, shu = Americano, gyu = manzo) risiede nella modalità in cui gli animali vengono allevati e nutriti. Gli animali crescono per 27-31 mesi, un po’ di più della media di allevamento negli USA. L’alimentazione consiste in riso secco e fusti di riso per i primi mesi, così da rinforzare l’apparato gastrico del bestiame e renderlo capace di assorbire più nutrienti. Ci sono notevoli differenze nella marezzatura, texture e gusto fra il Wagyu A5 e il Washugyu, ma sono entrambe carni eccellenti.

6) Il Wagyu A5 è il più saporito

Il Wagyu viene valutato in base alla resa e alla qualità. “A” indicata il più alto grado di resa, o anche in base a quanta carne si ottiene dall’animale. “5” è il più alto grado di qualità, e sta indicare che la carne possiede le caratteristiche migliori in termini di marezzatura, colore, texture e grasso.

“A5” è il grado più alto che si possa acquistare. Il Wagyu viene anche valutato su una scala, il “Beef Model Score”, con valori che vanno da 3 a 12. Il Wagyu A5 è estremamente ricco, burroso, quasi mandorlato al gusto. Se si schiaccia con la lingua contro il palato, si fonde in pochissimi secondi.

7) Gli “slider” di Kobe sono fatti di vero Kobe

Gli “slider” sono panini o hamburger di piccole dimensioni. I bocconcini di Wagyu contenuti in questi sandwich non sono mai di vera carne giapponese. A patto che non costino 100 al pezzo: è questa la cifra giusta per una porzioncina della prelibatissima ciccia d’Oriente.

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