Questa ricetta è stata realizzata in collaborazione con Weber Italia
Nel sud degli Stati Uniti il barbecue è religione, con tutto un rosario di dogmi inviolabili. Avete presente quelle lotte italo-gastronomiche tipo: la cipolla nella carbonara, sì o no? Nell’amatriciana, pecorino o Parmigiano? Stessa diatriba.
Il mondo della carne cotta a lungo con fumo di legna rappresenta forse uno dei pochi stili gastronomici propri degli Stati Uniti. Contrariamente al parere diffuso, il Pulled Pork non è semplicemente un ammasso di carne sfilacciata brutta da vedere, impiastricciata di spezie e salse. Se preparato bene, è un piatto esplosivo per profumo e gusto. Un distillato di potenza gustativa. Ma tra dire Pulled Pork e fare un Pulled Pork perfetto, c’è di mezzo la guida che segue.
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IL BARK
La traduzione letterale del termine inglese Bark, ovvero “corteccia”, sintetizza meglio di mille definizioni le caratteristiche che questo componente deve avere.
Il Bark è la tipica crosticina superficiale dei grossi tagli di carne, che caratterizzano la cottura su fuoco, sottoposti alla lenta ed inesorabile disidratazione delle basse temperature, prolungata nel tempo.
Il Bark suggella il morso, arricchendo la degustazione con una complessa nota umami (saporita, sapida), e costituisce una caratteristica distintiva del vero american barbecue.
Il Bark deve essere più spesso, sapido ed intenso di quello di altre preparazioni barbecue.
SMOKY FLAVOUR
La componente “fumo” deve essere sapientemente dosata in tutto il mondo barbecue, e il Pulled Pork non fa certo eccezione. La nota affumicata deve sempre essere un arricchimento, il completamento di un gusto più complesso da ricercare in altri elementi.
TEXTURE
Per quanti errori possiamo commettere, per quanto possiamo discostarci dal nostro obiettivo di aspetto e di gusto, il fenomeno fisico-chimico della conversione del collagene in gelatina e della conseguente destrutturazione del reticolo proteico che lega le fibre della carne, assicura di per sé che al momento del “pullaggio” (dal verbo inglese to pull, tirare/strappare) i nostri sfilacci siano come devono essere: succulenti e morbidi.
Identikit del Pulled Pork perfetto:
1. Il sapore del Pulled Pork è un bilanciamento perfetto tra carne, spezie e salsa.
2. Il Bark deve essere più spesso, sapido ed intenso di quello di altre preparazioni barbecue.
3. La nota affumicata deve essere solo un arricchimento del morso finale e non il sapore preponderante.
4. Gli sfilacci del Pulled Pork devono avere come cappello un Bark spesso e perfettamente aderente, uno smoke ring (segue spiegazione) rosato, ampio e sfumato, e una volta salsati, devono avere una pellicola lucida e quasi trasparente.
5. Una volta sfilacciato, il Pulled Pork deve essere umido, tenero e succulento.
6. Il gusto, pieno ed intenso, deve discordare il più possibile dall’effetto “maiale bollito”.
Detto questo iniziamo a lavorare.
LA CARNE
In linea teorica, il maiale sfilacciato si può ottenere da qualunque taglio del suino, ma dobbiamo creare le condizioni tali per cui calore, umidità e tempo, degradino l’ostico collagene in tenera gelatina. Delineiamo le caratteristiche del taglio che ci serve:
1. La quantità di grasso.
Il grasso migliora l’umidità e conferisce sapore.
2. La quantità di collagene
La carne in lattina è avviluppata da gelatina in quantità generose. E perché? Pesa molto e costa nulla in proporzione alla carne, questo sì, ma la motivazione reale è che aiuta ad evitare la disidratazione. Il collagene, una volta convertito in gelatina, diventa un incameratore di umidità molto efficace.
3. L’osso
Non è un requisito fondamentale ma, un po’ come avveniva nelle lunghe cotture dei sughi o degli stracotti dei nostri nonni, la presenza dell’osso nella carne garantisce un notevole potenziamento di sapore.
Alzi la mano chi non ha fatto il seguente ragionamento (seguito a ruota dall’esperienza successiva): se il Pulled Pork realizzato con un taglio povero come la spalla è così buono, quanto migliore sarà se realizzato con un taglio nobile come la coscia? Io ci ho provato, ma gli sfilacci di cartone pressato non sono il massimo da mandar giù. La coscia di maiale è un taglio decisamente meno grasso della spalla e con un contenuto di collagene inferiore. Ecco perché è un taglio poco adatto.
I TAGLI
Boston Butt (taglio americano)
È IL taglio: la porzione di spalla assicura il corretto apporto di collagene, mentre la coppa apporta la giusta quantità di grasso, gusto e succosità. Il Boston Butt lavorato correttamente comprende al suo interno la scapola (“paletta”), la cui presenza assicura un buon apporto di sapore. Il sezionamento squadrato e la grande compattezza completano l’insieme.
Pic Nic (taglio americano)
La presenza di una notevole percentuale di ossa sul totale assicura un gran gusto, mentre la quantità di collagene è, forse, sovrabbondante. Si tratta di un taglio più economico e dalla resa inferiore, ma in grado di dare un Pulled Pork con caratteristiche abbastanza simili a quelle del Boston Butt.
Coppa di maiale (taglio italiano)
Buona quantità di grasso e quindi grande gusto, il limite risiede nella quantità di collagene non ottimale. Il risultato sarà un Pulled Pork saporito ma che tenderà a disidratarsi abbastanza in fretta, per quanto il grasso assicurerà morbidezza e sentori importanti (che non è sempre è un difetto).
Spalla di maiale (taglio italiano)
Al contrario della coppa, qui abbiamo una gran quantità di collagene su un taglio abbastanza magro. Il Pulled Pork ottenuto sarà poco saporito, aiuta molto utilizzare la versione con osso.
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IL DISPOSITIVO DI COTTURA
Il Weber Smokey Mountain è un affumicatore verticale “ad acqua”. È uno strumento pensato espressamente per il barbecue in purezza, il vero “low & slow” delle cotture lente, lunghe e con la presenza imprescindibile di fumo aromatico.
È un dispositivo dalla caratteristica forma a “proiettile”, e per questo negli Stati Uniti è ampiamente conosciuto anche con il nome di “bullet smoker”. In Italia è uno dei pochi dispositivi reperibili in commercio e idonei alla vera cottura barbecue.
Come il kettle, il WSM è diviso in tre sezioni:
Nella base, nel braciere insomma, viene inserito il combustibile.
Sopra il braciere si posiziona lo stacker di cottura, una sorta di cilindro forato che contiene dei supporti di aggancio per il water pan (una bacinella di acciaio smaltato da riempire con dell’acqua, che garantisce il mantenimento di una corretta umidità nella camera di cottura) e per due griglie di cottura distribuite su due livelli separati.
La parte superiore è invece il coperchio che chiude il dispositivo, sul quale sono presenti alette molto simili a quelle del kettle, necessarie alla regolazione della temperatura, e il termometro per rilevare la corretta temperatura all’interno della camera di cottura. Sullo stacker è anche presente una finestra d’ispezione: utile a rabboccare il carbone, aggiungere il legno per affumicare e controllare il livello di cottura della carne.
Il flusso operativo di funzionamento del WSM è molto semplice: dal braciere, il calore e il fumo si liberano verso l’alto. Il fumo caldo investe il water pan, lo scalda e genera condensa che satura la camera di cottura mantenendo un minimo di umidità necessaria. Il fumo è misto a vapore.
LA COTTURA
Distinguiamo la cottura del Pulled Pork in tre fasi, coordinate tra loro.
Il primo step è quello dell’affumicazione, notoriamente più efficace in ambiente umido. Lo scopo è identificare in questa fase il giusto grado di umidità, tale da consentire una buona affumicazione, senza rendere il rub una poltiglia irrecuperabile.
Importante: quante spalle state cuocendo?
Una camera di cottura piena di spalle sarà probabilmente saturata di umidità dalla semplice naturale evaporazione dei pezzi di carne. Al contrario, una camera di cottura molto grande con una sola spalla all’interno necessiterà dell’ausilio di un water pan.
E ancora: su quale dispositivo andrete a cuocere?
Su un bullet smoker avrete probabilmente la necessità di contenere l’umidità, su un offset di intensificarla un pochino. E via dicendo.
La seconda fase è quella della disidratazione del rub. In questa fase l’umidità va ridotta drasticamente, in modo diverso a seconda del dispositivo.
La terza fase è quella che mira a raggiungere la completa gelatinizzazione del collagene e la destrutturazione della rete proteica, che avvolge le fibre della spalla e che consente lo sfilacciamento del nostro Pulled Pork. Ci si avvale del cosiddetto Texas Crutch, vi spiego tra un attimo cos’è.
TECNICHE DI SETUP – Minion Method/Snake
La tessera successiva si chiama gestione della temperatura. Stiamo parlando di carbone e brace, di aria e flussi. Cucinare in low&slow significa costringere la potenza del fuoco, educarla attraverso la sapiente gestione dell’aria, al rispetto di una temperatura costante per lunghe ore, e con uno scarto ridottissimo.
Non ci sono termostati, timer o ventole, gli unici strumenti che contano sono l’esperienza del Pit Master e una tecnica particolare che si chiama Minion Method.
MINION METHOD
Il Minion Method è la risposta di Jim Minion alla necessità di continui rabbocchi di brace durante le cotture molto prolungate e a tutte le problematiche che ne derivano, comprese la supervisione costante, le dispersioni di calore e le continue ristabilizzazioni di temperatura.
Il cuore del principio consiste nell’affiancare alcuni bricchetti accesi nell’area di combustione dei bricchetti spenti. In carenza di ossigeno, i bricchetti spenti si accendono a loro volta e molto lentamente grazie al contatto con quelli accesi. Al consumarsi dei bricchetti accesi, quelli intaccati arriveranno a piena combustione, accendendo a loro volta altri bricchetti spenti e così via, fino ad esaurimento.
SNAKE
Lo Snake è il sistema usato più spesso nei kettle: consiste nel creare un “serpentello” costituito da una o due file di bricchetti spenti, disposti in doppio strato e aderenti al braciere. Una volta sistemati, si versano dei bricchetti accesi su una delle due estremità del semicerchio: i bricchetti accesi intaccano quelli spenti partendo da quella estremità e si prosegue lungo tutto il cerchio.
È il sistema più pratico ed efficace da usare con il Kettle. Inizialmente, Il Minion Method e lo Snake erano stati pensati per le cotture overnight, in modo da consentire al povero Pit Master un riposo dignitoso.
Oggi, applicati universalmente, rappresentano lo standard per gestire lunghe cotture senza ansie e con un grado di stabilità impensabile per altri metodi.
L’AFFUMICATURA
Affumicare è una tecnica che deve necessariamente essere perfezionata, alla stessa stregua di un’espressione artistica.
L’obiettivo è quello di ottenere una nota affumicata che si disperde nel bouquet aromatico della preparazione, che diventa ingrediente, non sapore dominante. Per riuscirci è necessario affumicare in modalità Thin Blue Smoke, cioè con pochi trucioli che producono un fumo leggero e costante.
L’affumicatura va continuata fino a quando la carne non raggiunge la soglia di inizio della coagulazione delle proteine, ovvero intorno ai 55°C.
LO SMOKE RING
Il celebre Smoke Ring, ovvero quell’ aureola rosa che si crea sotto il bark di tutte le preparazioni sottoposte ad affumicazione lenta, è il traguardo ambìto di ogni Pit Master che si rispetti. Si tratta di una caratteristiche che costituisce un valore aggiunto anche in sede gare internazionali, per quanto le regole ufficiali non prevedano un giudizio sullo smoke ring.
Molti famosi Pit Master d’oltreoceano contestano l’importanza del folcloristico effetto collaterale della cottura. A conti fatti hanno ragione: si può fare buon BBQ in assenza di uno smoke ring marcato, così come ho assaggiato nefandezze indicibili pur in presenza di un perfetto alone colorato.
La verità, diciamolo, è che lo smoke ring è un’affascinante pezzo della coreografia. Gli elementi che ne influenzano il colore, lo spessore, l’intensità e la gradazione sono molteplici, ed esprimono lo stile dell’autore. Lo spessore può variare: da profondo e marcato, di un rosa intenso che va a sfumare, ai contorni più definiti, con un’aura meno spessa ma molto intensa.
Viene da chiedersi il perché di tanta specificità. La risposta è da ricercarsi, come spesso accade, nella complessità delle reazioni chimiche dell’area di cottura. Lo smoke ring è la conseguenza della reazione della mioglobina della carne al monossido di azoto (NO) e/o al monossido di carbonio (CO), entrambi prodotti dalla combustione del legno. Questi gas vengono assorbiti dalla carne e si diffondono attraverso le fibre stabilizzando il colore rosso delle fragili molecole di mioglobina.
Un ulteriore elemento di complessità è dato dal fatto che questa reazione ha luogo solo fino al momento in cui la temperatura interna della preparazione non raggiunge i 170°F (76 °C), alla qual soglia la mioglobina viene disattivata e vira verso toni di grigio/marrone.
Mettete tutte queste informazioni in una matrice e vi renderete facilmente conto di quanto la creazione dello smoke ring risulti influenzabile.Pensate alla scelta del tipo di smoker, alla temperatura di cottura, al tipo di water pan e al suo posizionamento col conseguente diverso grado di umidità. Pensate quanto siano importanti le scelte del Pit Master in questo preciso frangente. Senza contare altre piccole sfumature, come ad esempio iniziare la cottura con la carne a temperatura ambiente o fredda, oppure effettuare o meno salamoia e marinate.
TEXAS CRUTCH O “FOIL”
Molto efficace per completare la conversione del collagene in gelatina è il Texas Crutch, una sorta di cartoccio costituito da un foglio di stagnola posto sotto la spalla e racchiuso in modo gentile, accartocciando i lembi sopra di essa senza pressare eccessivamente sul Bark. Oppure semplicemente mettendo la spalla in un vaschetta di alluminio e sigillando un foglio di stagnola intorno alla cornice.
Il punto critico è il raggiungimento della soglia di 98ºC, il resto lo farà l’inerzia termica e la fase di finissaggio che sto per descrivervi.
Aprite il Texas Crutch , srotolando i lembi del foil o togliendo il foil dalla vaschetta di stagnola. Se avete fatto un buon lavoro, il bark apparirà bagnato ma ancora duro e compatto. Se siete stati bravi, alla base troverete i succhi di cottura espulsi dalla spalla, piuttosto densi e oleosi, e nella quantità giusta.
Prestando molta attenzione e aiutandovi con una spatola larga, spostate la spalla dal Crutch o dalla vaschetta in stagnola allo smoker: saranno sufficienti pochi minuti per asciugare l’eccesso di umidità superficiale.
Ci siete. Spostando la spalla vi siete probabilmente accorti che tende a pullare, a sfilacciarsi.
Riponetela in una pirofila a bordi alti e completate il “pullaggio” utilizzando due semplici forchette o a mano, proteggendovi con gli appositi guanti alimentari per le alte temperature (o ancora usando zampe d’orso, accessori adatti allo scopo)
Attenzione: la temperatura è ustionante.
SALSA BARBECUE
È il momento della salsa. Aggiungetene un quantitativo tale da condire tutti gli sfilacci senza che questi ci navighino dentro. Il suo ruolo è molto importante: bilancia il sapore dolce e grasso del pulled pork con una nota aromatica e acidula, e avvolge gli sfilacci con una patina che aiuta a preservarne l’umidità.
Se volete caricare i sapori, potete aggiungere un paio di cucchiai dei succhi di cottura conservati dal Texas Crutch (o dalla vaschetta di stagnola).
Quando si parla di Salsa Barbecue, in Carolina si pensa alla North Carolina Barbecue Sauce. La Carolina del Nord si divide geograficamente in base a tradizioni e ricette della salsa da abbinare al Pulled Pork.
Nella zona est dello Stato, tradizionalista, la North Carolina Sauce non è mai cambiata: non è altro che una salsa liquida fatta di aceto e spezie. La regione ovest, il Piedmont, ha creato una versione meno aggressiva con un’aggiunta di ketchup.
La regione sud, dove risiede un elevato numero di immigrati tedeschi e olandesi, ha rielaborato invece la ricetta con l’aggiunta di senape. A quest’area si deve anche l’abitudine di accompagnare il Pulled Pork con la coleslaw, ricetta reinterpretata di una tradizionale insalata di cavolo olandese.
Oggi la versione più diffusa e conosciuta è probabilmente quella del Piedmont, regione dove si puo trovare tra l’altro Lexington, vera mecca del Pulled Pork negli Stati Uniti.
Sì, ma come faccio a cuocere il Pulled Pork il sabato, per servirlo la domenica?
Io lo so, molti di voi se lo sono chiesto: come faccio a servire il pulled pork all’una in punto per il pranzo della domenica senza che gli invitati debbano aspettare ore, in attesa dei tanto sospirati 98°C?
La soluzione vi è sembrata evidente: prepararlo il giorno prima. Il sabato, quindi, avete cotto il pulled pork, lo avete sfilacciato e poi lo avete lasciato raffreddare a temperatura ambiente in attesa di poterlo servire il giorno dopo.
Ed ecco che a un certo punto, la fatidica domada: come lo scaldo senza che si secchi o si rovini?
La risposta è semplice: avete conservato i succhi di cottura, giusto? Avete anche preparato la salsa, giusto? Mettete quindi a scaldare i succhi di cottura, li versate sul pulled pork che avrete conservato in una vaschetta o in una teglia di alluminio e poi mettete il pulled pork a scaldare ad una temperatura di circa 80°C (va bene anche nel forno, non ventilato; se avete paura che possa seccarsi in superficie, copritelo con l’alluminio). Nel frattempo scaldate bene la salsa. Quando il pork è caldo e, grazie ai succhi di cottura, di nuovo bello umido, versate la salsa calda sul pulled pork e il gioco è fatto.
LE RICETTE
SerialRub #18 – Adattato per il Pulled Pork
North Carolina Barbecue Sauce – Home version
Pulled Pork Bun
Coleslaw
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[Crediti | Link: Weber Italia | Immagini: BBQ4All]
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