Rosticciana o rostinciana o più semplicemente costine o costolette di maiale cotte alla brace. Un classico intramontabile della grigliata che piace a grandi e piccini. Il costato di maiale, nella grigliata tradizionale, viene solitamente tagliato e diviso in singole costolette ma in alcune regioni d’Italia viene cotto intero su una brace di carbone di legno duro. Vediamo come cuocerle alla perfezione.
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Costine di maiale arrosto
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Ingredienti
- 1 Costato di maiale intero
- Sale
- Aglio in polvere
- Pepe
- Olio extravergine
- Rotolo di alluminio
Istruzioni
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Prendete il succo di mezzo limone e bagnate la superficie delle costine; l’acidità darà “brillantezza” di sapore contrastando le note grasse. Tranquilli, a fine cottura neanche lo avvertirete.
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Dopo averle ben ripulite spargiamo sulle costine da 10 a 30g di sale per kg a seconda del gusto, la quantità di pepe nero che vi piace e un cucchiaino raso di polvere d’aglio per ogni costato. Non mischiate le spezie insieme. Iniziate con il sale, spargendo bene su tutta la superficie, poi il pepe, infine l’aglio. Poi con le mani massaggiate e spargete uniformemente.
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La teglia va in forno statico o nel barbecue a 130°C per due ore.
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Trascorse le due ore, avvolgete le costine nell’alluminio con un paio di cucchiai d’acqua e rimettete in cottura per altri 40 minuti.
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Trascorsi i 40 minuti liberate la carne dall’alluminio, mandate il forno al massimo in modalità ventilato o il barbecue a 240°C con setup indiretto e lasciate cuocere fino a quando la carne non si sarà asciugata e avrà raggiunto un bel colore bruno intenso.
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Tirate la teglia fuori dal forno o dal barbecue e lasciate riposare per 15 minuti. Avrete ottenuto il risultato: Esterno croccante, interno umido e succoso, tenere che si staccano dall’osso e una nota acidula che darà brillantezza ed equalizzerà la nota unta tipica del costato di maiale.
Tutti quelli che si sono cimentati nella cottura delle costine ne conoscono le criticità: l’importante presenza di grasso, spesso e (mal)volentieri, provoca delle fiammate fastidiose da gestire che spesso rovinano il risultato. Noi, oggi, impareremo a grigliarle alla perfezione. Iniziamo a riconoscere i vari tagli.
Come riconoscere una buona Rosticciana
Il maiale adulto ha una carne dal sapore più intenso, struttura e spessori importanti e buona quantità di grasso infiltrato. I difetti di questa carne sono l’estrema tenacità delle fibre e la grande quantità di grasso superficiale. Difetti che, comunque, possiamo sistemare in fase di preparazione e cottura.
Quando scegliamo il nostro costato, scegliamo quindi un animale adulto, macellato da almeno una settimana e con uno spessore compreso tra i 4 e 6 cm. Non badate troppo al grasso perché comunque verrà accuratamente rimosso in fase di pulizia.
Se riuscite, scegliete delle razze pregiate come il suino nero dei nebrodi o la cinta senese o la mora romagnola o ancora il cérdo iberico (pata negra). Sono maiali dalle qualità straordinarie e dal gusto intenso ma molto gradevole.
I parametri della costine di maiale perfette.
Proviamo a focalizzarci sul risultato vogliamo ottenere e poi lavorare per riuscirci. Prendiamo il seguente elenco ragionato delle caratteristiche di una rosticciana cotta alla perfezione.
- Brunitura superficiale. Vogliamo che le nostre costolette abbiano una bella crosta scura in superficie, indice di sapore, profumo, quello tipico, inebriante. Vogliamo rendere la superficie anche croccante.
- Succosità. Sappiamo che il maiale non può essere servito al sangue ma deve necessariamente essere cotto in ogni sua parte. Con questo, però, non vogliamo rinunciare alla succosità e al sapore. Non vogliamo assolutamente ottenere delle costolette asciutte.
- Tenerezza. Le costolette sono notoriamente un taglio tenace, difficile da intenerire. Noi però vogliamo ambire al risultato perfetto e vogliamo ottenere morbidezza e consistenza; vogliamo che si stacchino dall’osso senza sforzo ma che al contempo mantengano sufficiente struttura; non vogliamo renderle “troppo” tenere, non devono disfarsi.
- Smoky Flavour. Possiamo ottenerlo solo se le cuociamo al barbecue ed è il classico sentore di grill, di brace. Il carattere distintivo del barbecue. Come sempre, vogliamo che sia presente ma non invadente.
Cerchiamo adesso di procedere in ordine per ottenere i risultati che ci siamo prefissati ma prima di procedere bisogna effettuare un’operazione che i grillers d’oltreoceano chiamano “trimming” e che noi possiamo tradurre in “tolettatura” o qualcosa del genere.
Il Trimming.
Per trimming s’intende un’accurata, e lasciatemi ribadire accurata, pulizia e squadratura del costato per consentire una cottura uniforme e un aspetto finale molto scenografico e accattivante che, tra l’altro, fa sempre colpo sugli ospiti. In questa fase, un po’ di perizia si rende necessaria per il risultato ottimale.
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Grasso.
Il primo obiettivo è quello di rimuovere il grasso in eccesso. Primo perché non vogliamo assolutamente ritrovarci un boccone colmo di grasso da masticare. Il grasso è importante per il sapore ma rimane comunque sgradevole se presente in quantità eccessive. Con un coltello ben affilato, ottimo quello da disosso ma andrà benone uno spelucchino, rimuoviamo con piccoli e netti tagli tutto il grasso in eccesso. Qualche piccola venatura residua è ammessa ma il grosso deve necessariamente essere eliminato. -
Membrana.
Rivoltando il costato, si noteranno le ossa e uno strato di grasso infiltrato e tenuto compatto da una membrana aderente alle ossa. Questa membrana (pleura), in cottura, acquista la stessa consistenza della carta forno. E’ dura e non ha sapore, è estremamente fastidiosa. Rimuovere la membrana è molto semplice: Iniziando da una delle due estremità, si inserisce il retro di un cucchiaino o la punta del coltello (ma facendo attenzione) al di sotto della membrana, si solleva, si distacca per qualche centimetro e poi, afferrandola con della carta o con un panno, si sfila con un movimento lento, continuo e deciso da tutte le costolette. Rimossa la pleura, si continua la pulizia del grasso in eccesso fino ad ottenere una superficie liscia, pulita e priva di accumuli eccessivi. Anche perché, come già detto, sciogliendosi al calore, durante la cottura, provocherebbero tra l’altro fastidiose fiammate. -
Brandelli e quadratura.
I pezzi piccoli e i brandelli sono destinati a bruciare. Oltre che essere antiestetici sono chiaramente impossibili da mangiare. Ecco perché è importante procedere ad un’accurata squadratura e rimozione di questi ammennicoli. Un costato dalla struttura uniforme avrà gusto e struttura uniformi.
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Come ottenere la crosta esterna
Per ottenere la brunitura superficiale, la crosta profumata e saporita, dobbiamo provocare la reazione di Maillard. Una reazione chimico fisica che crea molecole nuove e molto profumate e saporite. Per ottenerla è necessario che la sia carne ben asciutta e la temperatura maggiore o uguale a 140°C. In realtà si ottiene anche con temperature inferiori ma per tempi più lunghi. La prima fase della cottura ci serve quindi a “colorare” la superficie fino a raggiungere l’aspetto desiderato. E’ importante comprendere questo primo passaggio; al termine della brunitura superficiale non avremo completato la cottura ma avremo solo ottenuto un bell’aspetto. Il grado di cottura desiderato, se parliamo di tenerezza della carne e della consistenza, dovremo raggiungerlo con un espediente che vedremo subito.
Come ottenere una carne tenera e succosa
Una volta ottenuto l’aspetto esteriore desiderato, dovremo occuparci dell’intenerimento delle fibre. Quello che ci interessa in questa fase è fare in modo che il collagene, il tessuto connettivo della carne, l’elemento che rende le costolette molto tenaci, si sciolga in morbida gelatina. Per ottenerlo, a differenza della fase della cauterizzazione, abbiamo bisogno di umidità. Ciò che sto per dirvi, diventerà un’operazione ricorrente tutte le volte che avrete la necessità di intenerire un pezzo di carne: avvolgere la carne in un doppio foglio di alluminio in modo ben serrato, con qualche cucchiaio di acqua permette di creare una nube di condensa all’interno del nostro “cartoccio” e in brevissimo tempo permetterà alla magia di compiersi: il tenace tessuto connettivo diventerà gelatina, il che significa che la nostra carne dura diventerà, invece, morbidissima.
Per un costato di maiale intero, 30 o 40 minuti saranno sufficienti a sciogliere buona parte del connettivo. Per tempi più lunghi si rischierebbe di renderle talmente tenere da sfaldarsi anche solo al tocco. Alluminio, umidità e controllo del tempo sono i parametri da focalizzare per ottenere uno scioglimento del collagene adeguato ai nostri scopi.
Come cuocere nel foil – Il texas crutch
La procedura del foil, tra gli addetti ai lavori, viene indicata con il termine di “Crutch” (stampella, gruccia, sostegno) ed è un’operazione molto diffusa ma che nella sua semplicità ha bisogno di grande controllo. Il senso è quello di avvolgere il nostro pezzo di carne in alcuni fogli di alluminio, aggiungere qualche goccia di liquido all’interno, richiudere in modo molto serrato e prestare la massima attenzione a non creare fori per non far fuoriuscire il vapore. Una volta che la nostra carne è avvolta, sarà sufficiente rimetterla sul fuoco.
Calore diretto o indiretto è indifferente perché fino a quando ci sarà vapore all’interno, la temperatura sarà vincolata ai 100°. Semplice, no? A questo punto serve esperienza per capire quali possono essere i tempi medi di cottura ma non sarà difficile diventare grandi esperti di questa tecnica. Ricordate: il crutch è necessario tutte le volte che vogliamo intenerire un pezzo di carne. La cottura in cartoccio crea del vapore. Il vapore conduce il calore molto meglio dell’aria. Il calore penetra all’interno innalzando la temperatura per tempi lunghi. I tempi lunghi e le temperature adeguate riescono a sciogliere il tessuto connettivo. Il crutch ha l’unico difetto di lasciare le superfici molto bagnate che non trasmettono l’idea di una cottura arrosto ma questo è un parametro che si risolve molto facilmente con la fase di “finitura”.
Come terminare la cottura
Apriamo il nostro foil e verifichiamo il punto di cottura. Vedremo che la carne avrà un bel colore e una bella consistenza. Avrà l’unico difetto di apparire un po’ “bolliticcia”. Questo non è il modo di servirla, dovremo avere pazienza e fare in modo di “asciugare” nuovamente la carne. Farlo è molto semplice e richiede tre operazioni basilari: Rimuovere il foil, asciugare l’eccesso con della carta da cucina e rimettere sul grill o in forno per una decina di minuti. Sarete sorpresi dalla velocità con la quale la carne tornerà ad avere un aspetto “arrostito” e sarete ancora più sorpresi di vedere l’aspetto brillante che si ottiene semplicemente spennellando un velo d’olio a fine cottura, subito prima di andare in tavola e procedere al taglio.
Consigli per il servizio
Prima di tagliarle, mentre sono ancora roventi, è possibile aggiustare la sapidità aggiungendo del sale fine o a scaglie o Maldon. Questo potrebbe essere anche il momento di spennellare la vostra salsa preferita o una citronette o un bagnetto di erbette e aromi. Le costolette si mantengono bollenti a lungo ma fate sempre in modo di accelerare le procedure e servirle sempre molto calde. Ricordate: Crosta, profumo di arrostito, carne tenera e succosa sono i parametri della costina perfetta.
Facciamo un riepilogo
Quale dovrebbe essere la costina cotta alla perfezione? A questa domanda c’è una risposta: Crosta croccante e scura all’esterno, carne succosa e tenerissima al morso. Come si ottiene? Troppi parametri? Niente paura: ne seguiamo uno solo e gli altri arrivano di conseguenza. Carne dura o carne tenera, da cosa dipende? Da una proteina contenuta nel tessuto connettivo della carne che si chiama collagene. Questa proteina, per tempi lunghi, si scioglie e diventa gelatina trasformando una costina tenace e difficile da masticare in un succoso morso di bontà fondente.
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